Trend HR 2022: perché i dipendenti chiedono benessere e mobilità
Un migliore work-life balance, più soddisfazione e più motivazione: cosa conta davvero nelle aziende di oggi? In un mercato del lavoro in continua evoluzione, le nuove esigenze dei dipendenti vanno ben oltre l’aspetto remunerativo.
Dopo che la pandemia ha fatto emergere nuove priorità nel rapporto con il personale, benessere e mobilità interna si confermano come due dei più importanti trend HR del 2022 a cui tutte le organizzazioni dovrebbero guardare per restare competitive. In che modo?
Le nuove priorità dei dipendenti
I dipendenti sono sempre più attratti dalle aziende in grado di offrire flessibilità. Secondo la ricerca di Accenture The future of work: an hybrid work model, l’83% vorrebbe modelli ibridi di lavoro, ossia la possibilità di abbinare la presenza in ufficio con il lavoro da remoto. E i dati confermano anche che il 63% delle aziende ad alto tasso di crescita ha già adottato il concetto della “produttività ovunque”.
Oltre lo smart working, anche fenomeni come il bleisure, ossia il prolungamento di una trasferta di lavoro con un breve soggiorno di piacere, o il workation, la possibilità di lavorare spostandosi in luoghi di vacanza, diventano forme di lavoro flessibile desiderabili. E indicano, soprattutto, la direzione verso una maggiore attenzione all’individuo come forma di motivazione e soddisfazione dei dipendenti.
È in questo senso che ad attirare interesse sono soprattutto quelle organizzazioni che investono nel miglioramento della cultura aziendale nell’ottica più generale di un maggiore benessere dei dipendenti. Significa garantire più empatia e coinvolgimento, ma anche la possibilità di esprimere la propria personalità sul posto di lavoro, per esempio favorendo la mobilità interna. Un aspetto che va tenuto in considerazione anche per migliorare l’employee retention
Mobilità interna per puntare sull’employee retention
Trattenere e fidelizzare i dipendenti sono obiettivi importanti ai tempi delle “grandi dimissioni”. La survey di McKinsey Great Attriction, Great Attraction di fine 2021, indica la mancanza di supporto personale e professionale tra i motivi principali che spingono i lavoratori a lasciare le aziende.
La valorizzazione della propria forza lavoro diventa quindi uno strumento indispensabile per le organizzazioni che vogliono contrastare questo fenomeno.
Puntare sul reskilling e la formazione può così rivelarsi una scelta strategica dai diversi vantaggi. Per i dipendenti significa avere la possibilità di assumere nuove competenze per affrontare nuovi percorsi di carriera. E le aziende, dal canto loro, possono valorizzare il personale anche in ottica di talent acquisition, con evidenti benefici in termini economici, ma non solo.
“Il tema del recruiting e retention dei talenti è sempre più spinoso e difficile da gestire. Siamo passati da un modello storico in cui la fiducia era il risultato di uno scambio “moneta-lavoro”, ben più facile da gestire rispetto alle sfide odierne, a modelli di compensazione che devono necessariamente rispondere a tanti altri bisogni rispetto a quello finanziario. In questa nuova gamma di esigenze, il benessere della persona gioca un ruolo da protagonista, e in particolare il work-life balance” spiega Nunzio Guida, Global VP of Sales, Success & Operations di Gympass piattaforma di corporate wellbeing.
“Il lavoro è il posto, fisico o virtuale che sia, in cui passiamo la maggior parte del nostro tempo e le aziende che troveranno il modo di renderlo un luogo fatto di stimoli, serenità e felicità per i propri dipendenti avranno sicuramente un vantaggio competitivo rispetto alle altre nella difficile caccia ai talenti e in termini di fidelizzazione” continua Guida.
Dal welfare al well-being: prendersi cura delle persone
Quella del benessere è una priorità alla quale i dipendenti non sono più disposti a rinunciare. Il report The Great Realisation 2022 di Manpower indica per esempio come il 49% dei lavoratori si dice pronto a cambiare organizzazione per ottenere un maggiore benessere.
“La pandemia ci ha consegnato modelli organizzativi più flessibili e basati sulla fiducia, ma anche un’attenzione al benessere molto più spontanea e sincera. Le politiche HR infatti, non possono ormai prescindere da un’attenzione proattiva al benessere fisico e mentale dei dipendenti. E le aziende si stanno impegnando nella difficile sfida di trovare soluzioni versatili e adatte ai bisogni di profili spesso diversi tra loro. Basti pensare che in passato poche aziende allocavano un budget specifico a piani di well-being strutturati. Oggi invece questo è sempre più una realtà in tante aziende e iniziano anche a comparire ruoli in azienda dedicati alla gestione di questi aspetti, i well-being manager” continua Guida.
Benessere in azienda a prova di ROI
Il well-being aziendale come nuova forma di welfare aziendale include sempre più benefit che puntano al benessere dei dipendenti in senso olistico – benessere fisico, mentale e sociale – oltre che finanziario e appunto, legato a nuove opportunità di mobilità interna. E si punta alla gratificazione dei dipendenti investendo su un rapporto di sempre maggiore stima e fiducia anche in ottica strategica, con un occhio di riguardo alla produttività.
“Le aziende che puntano su salute e benessere dei dipendenti hanno chiari ed evidenti benefici in termini di assenteismo e questo è sicuramente uno dei modi più comuni e concreti di misurare la relazione tra benessere e produttività. Ma a me piace parlare soprattutto di “presentismo”, ossia di come creare le condizioni per permettere ai dipendenti di dare il meglio quando sono presenti a lavoro. Un dipendente che si sente bene lavorerà necessariamente meglio. Lo stato di benessere al lavoro favorisce la concentrazione con innegabili benefici sulla produttività. Un concetto tanto semplice quanto indiscutibile. Ed è per questo le aziende devono continuare a investire tempo e risorse in programmi di benessere per cui il ROI, letto come “return on individual”, è sicuramente positivo” conclude Guida.