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Generazione Z nel mondo del lavoro: cosa chiedono i più giovani alle aziende?

da | Ago 4, 2022

Sono i primi nativi digitali a entrare nelle aziende, ma i giovani della Generazione Z nel mondo del lavoro non si distinguono soltanto per l’uso della tecnologia. I nati tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio del Duemila hanno un approccio diverso alla vita e alla quotidianità, per via del digitale e non solo.

Ma quando si tratta di scegliere un’azienda quali sono le aspettative professionali della Generazione Z? Quelli della Generazione Z, ma si possono trovare anche le definizioni di “Centennials” , che si riferisce a chi è nato a cavallo del secolo e di “Zoomers”, sono giovani concreti, più dei Millennials che li precedono. Figli della Generazione X e di in un periodo economico di continue recessioni, hanno già imparato a essere più intraprendenti e pragmatici. 

Vari studi riportano anche che sono alla ricerca di relazioni autentiche – nei confronti dei brand così come dei datori di lavoro – nonostante, o proprio perché, nati dopo l’avvento del web, sono abituati a vivere in modalità onlife, ossia senza soluzione di continuità tra la vita offline e online.

Work-life balance e lavoro da remoto

Secondo lo studio di Adobe The future of time nel 2025 il 27% dei lavoratori apparterrà alla Generazione Z. E i giovani sembrano avere già le idee chiare sul mondo del lavoro: sempre da Adobe emerge che la metà di chi ha già un impiego è propenso a cambiarlo entro un anno, soprattutto a causa dello stress.

Anche se ancora ventenni o poco più, i giovani della Generazione Z sanno quale tipo di aziende preferiscono. Non concepiscono di vivere sotto stress e la maggior parte ricerca un ambiente di lavoro rispettoso del work-life balance

Il 57%, tornando alla ricerca di Adobe, si sente sotto pressione se viene contattato dal lavoro a qualsiasi ora, soprattutto la mattina presto o la sera. E il dato è ancora più significativo se paragonato a quello delle altre generazioni, fino a quella più lontana, in questo caso non solo anagraficamente, dei boomer. Solo il 37% di chi è nato tra la metà degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta si sente infatti stressato all’idea di essere contattato dall’azienda fuori orario. 

La Generazione Z pare essere più attenta anche alla possibilità di gestire il proprio tempo e a quella di lavorare da remoto

Se per molti lavoratori meno giovani infatti lo smart working è stata una novità portata dalla pandemia, i nativi digitali non hanno nessuna difficoltà a lavorare lontano dall’ufficio: quello con la tecnologia è praticamente un legame embrionale. Il formato digitale è il modo più “normale” con cui la Generazione Z si informa, ascolta musica, guarda la TV e soprattutto comunica attraverso chat e social media.  Anche per questo, il 70% dei più giovani si dice pronto, per concludere con lo studio di Adobe, a cambiare lavoro a parità di salario per andare in un’azienda che metta loro a disposizione strumenti digitali utili per lavorare meglio, compresi quelli di uso quotidiano come smartphone e computer.

Generazione Z più attenta a salute e benessere 

La Generazione Z è anche più attenta alla salute e per questo guarda con interesse alle aziende che promuovono il concetto di well-being aziendale.
Il loro è quello che si definisce un approccio olistico al benessere, che include anche l’utilizzo di app digitali per la prevenzione quotidiana, lo sport, la gestione dello stress e così via, ma sono anche familiari con dispositivi di ultima generazione come i wearable e più in generale con il concetto di digital health

Ecco perché benefit che vanno in questa direzione sono particolarmente apprezzati dalla Generazione Z, soprattutto se fruibili anche da remoto.

Come le aziende possono andare incontro alla Generazione Z

In un’ottica generale di benessere in azienda, l’Employer Brand Research 2022 di Randstad individua tre priorità della Generazione Z per quanto riguarda la scelta del posto di lavoro: atmosfera di lavoro piacevole, visibilità del percorso di carriera, diversità e inclusione. 

“Ci siamo molto chiesti cosa rappresentasse per la Gen Z la piacevolezza dell’atmosfera di lavoro e, dal nostro osservatorio, riteniamo che essa possa legarsi al ‘benessere psico-emotivo’ del sentirsi accolto, incluso e facente parte di un gruppo di lavoro compatibile con le proprie esigenze, flessibile e collaborativo che crede nella cultura dell’errore e dell’ascolto attivo. Nei prossimi mesi abbiamo intenzione di andare a fondo rispetto a questo aspetto per declinarlo con maggiore precisione e, conseguentemente, avere un benchmark di riferimento da condividere sia con la nostra direzione HR che con i nostri clienti” spiega Davide Zucchetti, Education Manager di Randstad.

Per quanto riguarda la visibilità di carriera, secondo la survey di Randstad è fondamentale per il 54% dei lavoratori della Generazione Z e soprattutto per chi ha un livello di istruzione elevato. Ma anche l’attenzione dei Centennials a diversità e inclusione in azienda è un aspetto significativo, soprattutto se messo a confronto con i lavoratori di altre generazioni: si tratta infatti di una priorità che non viene indicata dai lavoratori meno giovani. 

Questa prerogativa è confermata anche dalla Global 2022 Gen Z and Millennial Survey di Deloitte, che sottolinea soprattutto l’importanza di diversità e inclusione nella retention dei dipendenti della Generazione Z. 

Secondo la ricerca, diversity & inclusion sono decisivi per fare rimanere i giovani lavoratori in azienda, insieme al rispetto ambientale: chi lavora in aziende attente a questi temi si dichiara più propenso a non cambiare lavoro per almeno cinque anni.

E inclusione, per finire, è anche quella degli stessi giovani nel mondo del lavoro, a partire dal modo in cui l’essere nativi digitali può condizionare aspettative e rapporto con l’azienda

“Il fatto che la Generazione Z sia nativa digitale crea sicuramente forti aspettative legate al futuro datore di lavoro che, spesso, non è così al passo con la tecnologia come vorrebbero i giovani. Da ciò ne deriva anche un’opportunità di scambio e apprendimento reciproco. Inoltre il rischio è spesso quello di confondere la tecnologia con la soluzione che consente una rapida risposta ai problemi, come quelli al mondo del lavoro che sappiamo tutti essere complesso e multisfaccettato. Infine, come spiegato nel punto 3 del Manifesto di Randstad Education per l’Inclusione Giovanile, è necessario sviluppare maggior consapevolezza per un uso adeguato della tecnologia e, parallelamente, un mindset digitale per la generazione di un valore condiviso (la cittadinanza digitale)” conclude Davide Zucchetti.